Che senso ha la vita, se ti toglie un figlio che amavi e desideravi, per il quale avresti solo e soltanto fatto del bene?
Ho perso il conto delle volte in cui ho pensato questa frase.
Ho perso due figli a causa della tardiva diagnosi di incompetenza cervicale (IC).
Dopo la prima perdita, pensavo di aver già vissuto tutti colori più bui del dolore…mi sbagliavo. Perdere il mio secondo figlio è stato peggio: lo shock è stato ancora più forte, la ferita ancora più profonda e lacerante.
Perché a me? Perché a noi? Perché ai miei figli?.. Leggere le notizie di cronaca mi tormentava: mi sembrava ci fossero solo articoli su donne che avevano ucciso o abbandonato i propri bambini.
Com’è possibile pensare che la vita abbia un senso, se accadono cose del genere?
La verità è che la vita non ha un senso: siamo noi che glielo diamo.
Ed è quando ci riusciamo, che possiamo essere veramente felici ed orgogliosi di quello che siamo.
La morte dei miei figli non aveva alcun senso. Era inutile cercarlo. Solo io potevo dargli un senso, facendo qualcosa. Un qualcosa che mi permettesse di dire: ecco, la morte dei miei figli ha permesso a me di fare qualcosa e questo qualcosa lo ritengo positivo.
La resilienza è questa: riuscire a dare un senso agli episodi più difficili della propria vita, trasformando le crisi in opportunità.
Qualsiasi cosa può aiutarci a dare un senso a quanto accaduto: scrivere, viaggiare, rivedere una persona cara che si era persa di vista, fare un corso di cucina, di teatro, di yoga…basta che sia una cosa positiva, e con significato, per noi.
Cos’ho fatto io? Ho dato un valore diverso al tempo trascorso col mio compagno, con i miei genitori, con gli amici che mi hanno dimostrato affetto e vicinanza nei giorni spaventosi della perdita.
Oggi, se guardo indietro, mi rendo conto che i momenti più importanti della mia vita trascorsi con queste persone sono venuti dopo la perdita dei miei figli.
E non posso che ringraziare i miei bambini per questo.
L.H.
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