Buongiorno a tutti, mi chiamo Janaina sono brasiliana e oggi vi racconto la mia battaglia contro l’incompetenza cervicale (IC).
Circa tre anni fa, ho deciso di cercare una gravidanza. Abbiamo provato per un anno e non sono riuscita a rimanere incinta, così abbiamo iniziato a investigare il motivo. A quel punto, ho scoperto di avere un mioma, che, per fortuna, con un piccolo intervento chirurgico, poteva essere asportato.
Dopo un mese dall’intervento, sono rimasta subito incinta, ma li è iniziata la sofferenza. A 6 settimane, prima corsa in ospedale per una perdita di sangue abbondante: sono stata ricoverata 4 giorni per sacca schiacciata e, al mio ritorno a casa, mi hanno prescritto di stare a riposo e di assumere alcune medicine. Dopo una settimana, ho avuto la febbre a 40 e altre perdite di sangue: sono tornata di corsa in ospedale, e, al controllo, la sacca è risultata ancora schiacciata. Senza sapere se la gravidanza fosse andata avanti, sono stata nuovamente mandata a casa a riposo, e mi è stato prescritto il progesterone.
Alla 9 settimana, al controllo per sapere se si sentiva il cuoricino, ho iniziato a perdere le speranze: niente battito, dovevamo aspettare il risultato delle beta per fare il raschiamento. Un’ora di attesa che mi è sembrata un anno…quando ho iniziato a sentire dolore e ad avvertire del bagnato fra le gambe…ero piena di sangue. Sono corsa dal dottore che mi ha visitata e mi ha detto che “la natura aveva fatto il proprio lavoro”.
Andiamo a fare un’altra ecografia ed ecco la sorpresa! La sacca di prima, schiacciata e scolata, non c’era più, ma se ne vedeva un’altra bella e a posto. Con l’arrivo delle beta, il medico ha avuto la certezza che si trattava di una gravidanza gemellare. A quel punto, c’era da aspettare di capire se la gravidanza stava proseguendo almeno con il secondo sacco, perché ancora non si sentiva il cuore.
Mi mandarono a casa a riposo per poi tornare una settimana dopo in ospedale: lì ho sentito, per la prima volta, il suono del suo cuore e ho creduto più che mai in Dio. Al mio ritorno a casa, ero la donna più felice del mondo.
Ho passato l’intero primo trimestre, il più temuto, a casa a riposo. Andava tutto bene: finiti i primi tre mesi, io mi sentivo bene e il ginecologo mi liberò dall’obbligo del riposo e mi disse che potevo avere una vita normale. Io non vedevo l’ora di farmi vedere in giro con il mio pancione, ma non è andata così. A 16 settimane, ho iniziato a sentire una pressione nella pancia, a provare un po’ di dolore e ad avere piccole perdite di sangue, ma proprio piccole. Non vi avevo dato però importanza anche perché, dopo qualche giorno, avrei avuto una visita.
A 17 settimane sono andata tutta felice a fare la visita: sembrava andare tutto bene, finché ho riferito i sintomi che avevo avuto al ginecologo, che volle farmi un’ecografia. Il dottore cambiò sguardo e iniziai a preoccuparmi: domandavo se il mio bimbo era ancora lì, se era vivo e lui mi ha risposto che mi doveva ricoverare perché avevo un accorciamento del collo dell’utero pari al 66%, comprensivo di funneling. Io non capii più niente, ero così spaventata che non mi muovevo più.
Passai il fine settimana in ospedale a riposo assoluto nella speranza che la situazione migliorasse e lunedì ebbi il controllo decisivo: dopo due giorni senza mai alzarmi dal letto, nemmeno per fare la pipì, l’accorciamento era aumentato al 70%, era ancora presente il funneling e avevo qualche contrazione silenziosa. A quel punto, i medici decisero di provare ad inserire il cerchiaggio d’urgenza e passai 18 giorni in ospedale a riposo assoluto per via della presenza di contrazioni.
Sono stati 18 giorni duri: iniezioni due volte al giorno e flebo per inibire le contrazioni, non potevo alzarmi dal letto neanche per andare in bagno, era una vera sofferenza. Ringraziando Dio, è andato tutto bene: siamo potute andare a casa (nel frattempo ho scoperto di aspettare una femminuccia ed ero la persona più felice del mondo!).
Ritornare a casa non è stato facile, essendo brasiliana, senza famiglia in Italia, ho sofferto un po’. Mia suocera mi portava la colazione e il pranzo, mio marito camionista certi giorni non rientrava a casa e di conseguenza stavo da sola tutto giorno, senza nessuno, solo io e la mia Alissia. Ho imparato a ricamare e ho messo il nome suo dappertutto.
Facevo il bagno una volta a settimana da seduta, mangiavo a letto, mi alzavo solo per le necessità fisiologiche; il telefono è stato il mio compagno di quel periodo e trovare altre donne che stavano vivendo la mia stessa esperienza in quel momento è stato fondamentale: aiutarsi a vicenda è stata una salvezza.
Passato tutto, è arrivata la 37settimana e Alissia era pronta per nascere; togliere il cerchiaggio è stata un’esperienza bruttissima, ho provato un dolore… ancora non ho capito perché per metterlo sia necessaria l’anestesia mentre per toglierlo no! Forse per abituarsi poi al dolore del parto. Ad ogni modo, mi trovarono subito 2 centimetri di dilatazione e contrazioni a go go. Dopo un giorno in ospedale però, le contrazioni si erano fermate: Alissia non voleva nascere quel giorno!
Dimessa dall’ospedale, ho finalmente potuto condurre una vita normale: andai in giro in paese con il mio bel pancione e abbiamo pulito la casa dopo quase nove mesi dall’ultima volta. Alissia era bella e tranquilla non ha voluto saperne di nascere fino alla 43a settimana, quando dovevamo andare in ospedale per indurre il parto. A quel punto, iniziarono i dolori, ma erano sopportabili: dopo tutto quello che avevo passato, quel dolore non era niente; sapere, invece, che di lì a poco avrei tenuto in braccio la mia bambina era la gioia più grande…
Arrivai in ospedale dilatata di 4 centimetri e mi fecero l’epidurale: dopo due ore, ero tutta dilatata e non sentivo più dolore. Entrai in sala parto alle 14:10 e alle 14:23 nacque la mia principessa, 3,100kg e 56 centimetri: in 13 minuti ho vissuto un arcobaleno di emozioni.
Tutta la sofferenza lasciata alle spalle, oggi solo gioie.
Alissia oggi ha 22 mesi ed è la mia gioia più grande.
Se rifarei tutto un’altra volta ? Sì, sicuramente.
Janaina
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